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Cavicchi sul declino dei rallyes

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view post Posted on 16/4/2018, 20:39     +1   -1
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Mini JCW RRC

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Certo bisognerebbe poter fare un pó di "pulizia", perché tra gruppi A, N ed R non si capisce più nulla e le RS, che pure rappresentano una bella idea, passano quasi inosservate.

Vero.......non si capisce nulla........pensa ad un Giovane che deve avvicinarsi alla Specialità cosa può capire...........Dovrebbe essere tutto più Semplice ed ovviamente più Economico,ormai Correre nei Rally è cosa proibita per i Comuni Mortali..........
 
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view post Posted on 16/4/2018, 21:08     +1   -1

Renault Twingo R2B

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Magari con le RS la spesa è anche contenuta, ma secondo me l'idea è soffocata dalla moltitudine di gruppi e classi a cui siamo arrivati.

Tanto per fare un esempio, al Sanremo '97 c'erano 8 classi: N1, N2, N3, N4, A5, A6, A7, A8/WRC. Magari possiamo considerarne 10 visto che le Kit 1600 e 2000 erano accorpate alle Gruppo A.
Comunque al Sanremo 2018, senza WRC/A8 e senza Kit, ne ho contate 19. Che senso ha?
 
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view post Posted on 16/4/2018, 21:16     +1   -1
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Mini JCW RRC

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Completamente d'accordo con te...........
 
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view post Posted on 1/12/2018, 19:37     +1   +1   -1
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Lancia Stratos

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Ho letto da qualche parte che nel WRC hanno imposto come limite massimo per le ps in ogni singola gara 315 km o giù di lì.... Sì, chiamiamoli ancora "rallyes"..

Su AS Alice De Marco, navigatrice di Mauro Trentin neocampione italiano Terra, dice: "Bisognerebbe imporre un minimo di chilometraggio alle gare del Campionato Italiano Terra. Non è pensabile che ci siano rally dove disputiamo prove lunghe 3-4 km".
 
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view post Posted on 1/12/2018, 20:09     +1   -1
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Mini JCW RRC

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CITAZIONE (sundance76 @ 1/12/2018, 19:37) 
Ho letto da qualche parte che nel WRC hanno imposto come limite massimo per le ps in ogni singola gara 315 km o giù di lì.... Sì, chiamiamoli ancora "rallyes"..

Su AS Alice De Marco, navigatrice di Mauro Trentin neocampione italiano Terra, dice: "Bisognerebbe imporre un minimo di chilometraggio alle gare del Campionato Italiano Terra. Non è pensabile che ci siano rally dove disputiamo prove lunghe 3-4 km".

La questione va avanti da Tempo e dice bene Alice De Marco........bisognerebbe imporre un Kilometraggio minimo "decente" e non solo al Terra se vogliamo chiamarli ancora Rally,nella Stanza dei Bottoni qualcuno dovrebbe ragionare di più......

Da rivedere un pò tutto il Sistema Rally Campionati, Regolamenti,etc.....
Di sicuro non abbatteranno i Costi accorciando le Ps..........
 
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view post Posted on 26/2/2020, 16:44     +1   +1   -1
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Lancia Stratos

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view post Posted on 4/9/2023, 22:38     +1   +1   -1
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Lancia Stratos

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Carlo Cavicchi – dal libro “Destra3 lunga chiude” – prefazione:

I rally compresi tra gli anni ‘60 e i primi anni ‘90 erano molto diversi dagli attuali, e in comune c'è soltanto la dicitura che qualifica la disciplina sportiva. I piloti dell'epoca non andavano più forte di quelli di oggi, difficile anche stabilire se erano o non erano più bravi. Di sicuro erano dei personaggi diversi costretti a correre gare molto differenti per durezza e lunghezza, disponendo di mezzi meccanici che si rompevano con crudele frequenza.

Ma la differenza più grande rispetto alle gare di oggi è che a quel tempo i piloti professionisti al via erano sempre tantissimi, spesso mescolati in elenchi-iscritti sterminati, punteggiati da vetture spettacolarmente differenti tra di loro. I numeri al riguardo non mentono: a Montecarlo furono 299 nel 1982, erano ancora 207 nel 1995 poi crollarono ad appena 23 nel 1997, dopo le restrizioni assurde e incomprensibili imposte dalla Federazione internazionale. E furono 250 al Rac (oggi rally di Gran Bretagna) del 1975 superando ancora i 200 nel 1989. Ma avevano partenti record anche la Corsica (181 nel 1982) oppure la Finlandia (200 nel 1989) e si parla di gare blasonatissime del giro iridato. Anche il rally di Sanremo, punta di diamante delle corse italiane, se la passava benissimo e ancora nel 1998 poteva vantarsi di 160 iscritti quando già si parlava di tempi grami alle porte.

Perché una disciplina che portava centinaia di migliaia di spettatori sulle strade (a Sanremo qualche ottimista aveva parlato persino di milioni quando la gara raggiungeva anche gli sterrati della Toscana) si sia ridotta alla miseria di oggi è un discorso molto lungo. Di certo la scelta di obbligare gli iscritti ai vari campionati a partecipare a tutte le gare in calendario, con trasferte a volte costose e un numero di appuntamenti al limite dell'assurdo, ha convinto molti costruttori a rinunciare. Così siamo passati da una media di oltre 20 piloti ufficiali per gara, con punte anche di 40, alla miseria di oggi dove a lottare sono al massimo in quattro o cinque, e a vincere quando va bene appena in due o tre (il terzo si materializza quando accade qualche cosa fuori dall'ordinario).

I favoriti al via erano sempre tanti come un giovane appassionato fatica anche soltanto ad immaginarsi: nomi altisonanti mescolati spesso a quelli degli specialisti locali che sulle loro strade sapevano tenere testa ai migliori.

Ma era una festa anche di rumori perché si scontravano vetture a 2, 4, 6 e 8 cilindri, spesso con carrozzerie dalle forme più disparate perché grosse berline e coupé, spider e utilitarie si combinavano insieme per il piacere degli occhi.

Auto a trazione anteriore, posteriore o integrale, calzate con gomme di fabbricanti molto differenti e tutti agguerriti: Pirelli e Michelin, ma pure Kléber, Dunlop e Yokohama fino ad arrivare alle marche più disparate e alle coperture ricoperte per i più disperati. Senza parlare dei pneumatici da neve che erano costruiti a mano da produttori del nord Europa, capaci di montarci sopra chiodi lunghi come le unghie della matrigna di Biancaneve.

Ecco, in un mondo così, a volte con gare lunghe quasi una settimana e senza pause per riposare, era quasi inevitabile che capitassero fatti al confine con la leggenda o che si registrassero gesti clamorosi e che ci fossero degli epiloghi inaspettati.

In molti rally si contavano oltre 80 prove speciali, in altri nessuna ma con tutti i controlli orari pressoché impossibili da rispettare e pertanto si era a piede giù dalla partenza all'arrivo. Un esempio-limite era la “Transmarocchina”, una prova di quasi 800 km (!!) nel corso della quale bisognava fare più volte rifornimento e puntualmente sostituire le gomme. E si badi bene, quella non fu l'unica prova speciale di quella gara, ma una delle 9 dispute ...

In quella corsa il vincitore, Jean-Pierre Nicolas, impiegò 20 ore e 20' di soli tratti cronometrati, e se vi sembra tanto dovete sapere che lo stesso Nicolas quando vinse in Costa d'Avorio nel 1978 di ore ne impiegò 54 e 28’... Per capire la differenza basta sottolineare che il vincitore del Tour de Corse 2015, Latvala, ha impiegato in tutto 2 ore e 39'.

Quei rally, che oggi trovano tanti fans a fare da spettatori agli appuntamenti per vetture storiche, furono una fortuna per il pubblico del tempo, per i piloti dell'epoca e anche per i pochi giornalisti che li seguivano, in particolare quelli che si portavano lungo la strada per giorni e notti di fila correndo a loro modo la loro personalissima gara. Le assistenze erano dopo ogni prova e non confinate in parchi asettici vietati agli spettatori, così il clima si respirava dal vivo e le disavventure, frequentissime, si ascoltavano in diretta dalla viva voce dei protagonisti: il cronista assieme al direttore sportivo perché il pilota arrivava, imprecava e poi ripartiva. Tutto senza filtri: avventure che poi finivano sui giornali e chi a casa le leggeva, s'innamorava della disciplina e non vedeva l'ora di portarsi su un campo di gara a respirare quell'atmosfera.
 
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