CITAZIONE (leonardorimbotti @ 11/10/2010, 22:33)
A me piacerebbe leggere aneddoti su questa bella macchina, come dice Fling, la vettura da sogno come la Stratos.
Ho un amico che ne possiede due, Fling sa a chi mi riferisco, ho avuto modo di salirci e di girare un pò, una cosa fantastica!!!
Sembra un prototipo, non sarei più sceso..... Continuerò a ringraziare Lele Aralla per le emozioni che mi ha fatto provare!!!
Qualcuno mi ha chiesto di raccontare le gioie ed i dolori che l’aver posseduto e guidato un’Alpine possono aver creato – qui di seguito ho cercato di rivivere i quasi tre anni della mia vita in compagnia della piccola “bestia” – ne è venuto fuori un racconto un po’ noioso e sicuramente poco interessante per i più, ma questo è il risultato che si può avere quando non si è del mestiere – se avete intenzione di continuare fornitevi di una Red Bull per non cadere in catalessi dopo poche righe –
PS – questo racconto lo hanno voluto alcuni di Voi e quindi è solo ad essi a cui và rivolta qualche maledizione - sappiate che per scriverlo ho dovuto prendermi le ferie (quanto tempo sprecato )
Io e l’Alpine
Il primo incontro con la mia Alpine è avvenuto ad Udine in un giorno assolato del mese di Ottobre del 1971 - sono andato a ritirarla dal suo primo proprietario, che aveva deciso di privarsene per motivi familiari – era una “semestrale “ ed era stata usata solo per alcune “cronoscalate” e per 1 rally – era forse l’auto più bella che c’era in circolazione a quei tempi ed il colore azzurrino metallizzato, di ordinanza, non faceva altro che aumentare il suo fascino – in parole povere ero innamorato di quell’auto fin dalla prima volta che l’avevo vista e potermi sedere al suo posto di guida e sapere che finalmente era mia significava l’avverarsi di un sogno durato per molto tempo – La realtà però spesso è ben diversa dai sogni e già nel viaggio di ritorno verso Padova ho dovuto rendermi conto che la coesistenza con la piccola “bestia” non sarebbe stata delle più pacifiche – questa prima presa di coscienza è avvenuta già in autostrada in quanto a 160 Kmh il suo incedere serpeggiante ( anche senza volere passavo dalla corsia di sorpasso a quella di emergenza, pur cercando di andare il più dritto possibile ) mi aveva fatto capire che l’esperienza maturata in due anni di rally con la R 8 Gordini ( che avevo distrutto al Rally di San Martino ) non sarebbe servita un granchè – speravo comunque che con un adeguato cambiamento d’assetto qualcosa sarebbe sicuramente migliorato – la cosa si rilevò in parte vera ma il suo avanzare “serpeggiante”sarebbe sempre stata la sua principale caratteristica – Pur non avendo nessuna conoscenza della vettura decisi di iscrivermi al Rally di Forlì, che si sarebbe tenuto già una quindicina di giorni dopo – il risultato ( 25° assoluto) certamente non eclatante era già comunque preventivabile dato che le caratteristiche della vettura non erano sicuramente assimilabili in così poco tempo – ci serviva fare esperienza e una rally “vero” era l’ideale per capire in fretta il modo di addomesticare quella creatura tutt’altro che mansueta – l’unico ricordo positivo di quel Rally fu solamente la grande ammirazione che la gente provava nel guardare quel bellissimo oggetto - per tutto il resto ricordo solamente le grandi difficoltà che avevo avuto per raggiungere un risultato decisamente al di sotto delle mie aspettative – eppure mi era sembrato di andare anche abbastanza veloce ma i tempi registrate nelle varie PS non confortavano assolutamente questa mia percezione – nella mia mente si affollavano solamente punti interrogativi che per un lungo tempo sarebbero poi rimasti del tutto irrisolti –
il primo grande problema da risolvere era l’altezza della vettura da terra, che in un gruppo 3 era praticamente inesistente e che ci aveva procurato seri grattacapi anche se gli sterrati Forlivesi non erano poi così orribili – l’unica soluzione adottabile era quella di passare in gruppo 4 e usare molle, spessori ed ammortizzatori diversi da quelli di serie – i pochi centimetri guadagnati avrebbero parzialmente risolto il problema ma l’altezza da terra sarebbe rimasta sempre un handicap per questa vettura ( terribile la salita della PS del passo Manghen al Rally di S. Martino che si faceva completamente sul paracoppa )
– in merito a questo bisogna anche aggiungere che l’essere seduti praticamente per terra dava l’inquietante sensazione di andare sempre e comunque a velocità folli (anche se la verità era esattamente opposta )e se a questa sensazione si aggiunge anche il fatto che anche un paracarro sembrava una cosa gigantesca lascio a voi immaginare con quale stato d’animo si potesse affrontare un qualunque percorso – i tanti km percorsi riducevano comunque di molto queste strane sensazioni ma mi sembra di ricordare che mai sia scomparso del tutto la sensazione di essere a bordo di un F16 a volo radente – la piccola vettura portava con sé altri problemi che date le mie poche finanze ( prosciugate totalmente per acquistare la vettura ) non erano a quei tempi risolvibili – i rapporti del cambio erano pensati per un uso stradale della vettura e i 215 Kmh che riusciva a raggiungere in quinta, mal si combinavano con l’uso delle mulattiere che a quei tempi era abituale percorrere – avere una 2^ da 110 Kmh , una 3^ da 150 Kmh, una 4^ da 180kmh si dimostravano oltre che poco adatti per le salite, del tutto deleteri in discesa ( fino ad allora il mio terreno di caccia preferito ) - in parole povere era come andare sempre a “ruota libera “ o in “folle” se preferite – a questo piccolo ma fastidioso difetto andava aggiunto il fatto che “la bestiolina” aveva dei freni praticamente inesistenti ( quelli della R 8 ) e nelle poche discese delle PS asfaltate, avevano un autonomia di 5 curve o a scelta di due tornanti,. dopodiché si avvertiva una specie di segnale ( un profumo di bruciato molto intenso ) , che stava a significare che i freni avevano raggiunto il punto di cottura giusto e che era giunta l’ora di buttare la pasta e di “alzare il piede”- sempre a riguardo dei freni bisogna aggiungere che nelle discese sterrate il loro uso era praticamente proibito in quanto l’esile struttura a cui erano ancorate le sospensioni anteriori mal si combinava con una frenata su fondi particolarmente sconnessi – se non si prendevano adeguate precauzioni ( non uso degli stessi ) il rischio minimo era quello far fuori la convergenza e quello massimo di staccare qualche triangolo della sospensione – per evitare il problema l’unica soluzione era quella di frenare solo dopo aver messo di traverso l’auto ma andando giù a “ruota libera” riuscire a combinare tutte queste azioni non era cosa molto facile – dimenticavo di dire che l’auto aveva di serie un freno a mano praticamente inaccessibile ( sotto la plancia strumenti ) e dato che i cavi che arrivavano ai freni posteriori continuavano a penzolare sotto la vettura, per evitare che venissero strappati dalle asperità del fondo stradale, venivano completamente tolti, subito dopo le verifiche tecniche – la mancanza del freno a mano oltre a non permettere certi tipi di evoluzioni in movimento rendeva anche problematica la sosta della vettura su di un terreno non piano – ricordo infatti che ad un 4 Regioni dopo aver tranciato un semiasse abbiamo dovuto cercare un masso da mettere davanti ad una ruota per impedire che la vettura se ne andasse da sola verso valle – da quella volta , l’equipaggiamento di bordo della vettura oltre ai soliti arnesi ( “crick, ecc. ecc. ) “ avrebbe compreso un utilissimo “cuneo” di legno.
Oltre a questi trascurabili (!!!!) difetti andava comunque aggiunto il fatto che il cambio e gli organi accessori ( planetari, semiassi ecc. ecc.) pur essendo molto più robusti di quelli della Gordini erano sempre pronti a lasciarti per strada se non venivano rispettati con un pochino di riguardo (??????!!!!!) – nel complesso quindi tutti questi problemi rendevano la coesistenza una specie di sfida e dato che non c’erano finanze a disposizione per cambiare le dotazioni di serie con altre più idonee all’uso rallystico, bisognava cercare trarre il meglio di quello di cui si disponeva con una tecnica di guida molto più complicata che credo ancor oggi non fosse comunque alla mia portata. Il tentativo di fare esperienza comunque continuò con la partecipazione nel mese di Novembre 71 al Rally di San Marino che purtroppo si concluse con il ritiro a pochi km dall’arrivo in quanto il fango (presente in quantità considerevole ) riuscì ad ostruire del tutto il filtro dell’aria con il conseguente inspiegabile spegnimento del motore – era stata comunque un’esperienza positiva e sembrava che l’affiatamento fosse un po’ migliorato visto la che la posizione in classifica, al momento del ritiro, non era poi così malvagia – bisognava quindi aver fiducia nel futuro e sperare che la nuova stagione che si andava ad aprire avrebbe portato qualche risultato positivo .
Con questo rinnovato spirito mi iscrissi al “Della Favera “ ormai consueta gara d’apertura del TRN ( Trofeo Rally Nazionali ) – le ricognizioni e le prove sembravano avvalorare una ormai discreta confidenza con il mezzo ed anche se il materiale a disposizione era sempre lo stesso i molti Km percorsi avrebbero dovuto consentire qualcosa di positivo – sulla neve l’alpine era un vero divertimento ma solo se disponeva di un’idonea chiodatura – con il pneumatico giusto nulla era precluso ( anche i testacoda in pieno rettilineo se scalavi brutalmente le marce ) ma il problema era comunque quello di capire se a tanto divertimento corrispondesse una certa competitività – avevamo comunque fiducia e speravamo che tutto potesse andare per il meglio - il percorso era stato praticamente consumato dalle mille ricognizioni e non restava altro che aspettare gli eventi ma ……… ma il venerdì , giorno dedicato alle verifiche una forte perturbazione colpì il nord est e furono segnalate precipitazioni nevose già a bassissima quota e le strade erano innevate già dagli 800 mt in su – nasceva a questo punto il problema del secondo C.O. ( Valstagna – Enego ) – la prova Speciale ( la mitica Valstagna ) non era innevata ma subito dopo la sua fine il “bianco elemento” avvolgeva ogni cosa – come fare quindi per non pagare ritardo a quel C.O. già molto tirato in condizioni normali ? – l’Alpine in mancanza di una “gommatura “ idonea al terreno da percorrere era del tutto inguidabile e la cosa si amplificava in presenza della neve – a disposizione avevo 4 ricoperti ( Marangoni ) con 440 chiodi – quattro ricoperti ( Marangoni ) con 250 chiodi e 4 “Kleber “ da terra – impensabile usare i Kleber dato che già in prova avevano del tutto dimostrato la loro totale inefficienza sulla neve - non restava altro che scegliere i pneumatici chiodati – non volendo usare quelli chiodatissimi perché i 7 km di PS avrebbero sicuramente fatto scempio delle gomme posteriori restava come unica opzione la chiodatura media ma ……. ma la chiodatura media mal si sposava con le caratteristiche del C.O, innevato solo nella parte in falsopiano ed in discesa – i 250 chiodi non ci avrebbero assicurato né un buon inserimento in curva né una efficiente frenatura – che fare quindi ? una furbata !! – 440 chiodi alle gomme anteriori e 240 a quelle posteriori – mi sentivo un genio per la pensata e già immaginavo il tempone che avremmo fatto a Valstagna ( con l’eccellente trazione dovuta ai chiodi ) e la facilità con cui saremmo rimasti nel tempo imposto per il CO ma ….. ma io non avevo mai guidato l’Alpine con una gommatura del genere e ….. e che problemi avrebbero potuto esserci ???? – nessuno – il giorno della gara ci presentammo alla partenza della prima PS con molta fiducia dato che la situazione delle strade era quella che ci avevano preventivato e quindi ci sentivamo pronti ad affrontare la gara in modo perfetto - la partenza della 1^ PS era posizionata a qualche centinaio di metri dal primo tornante ed allo Start siamo veramente partiti a “bomba” – le poche semi curve che ci dividevano dal primo tornante sono state superate ad una velocità impressionante così come il primo tornante a dx affrontato con la solita tecnica del pendolo
– una spendida uscita in spazzolata e via … 1^ a 6500 …. 2^ a 6000 ….. 3^ a tutta fino a circa 100 mt prima del 2° tornante a sx …. una decisa sterzata a dx e senza frenare dentro la 1^ con tutta la rabbia che solo in quei momenti bisogna avere …… purtroppo non avevo fatto i conti che i 440 chiodi dei pneumatici anteriori avevano un’aderenza mostruosa anche sul terreno viscido di Valstagna - l’auto anziché intraversarsi come al solito a centro strada,per le ruote posteriori completamente bloccate, scartò decisamente verso dx (effetto dei 440 chiodi !!!) …. purtroppo la frittata era già fatta e richiamare il mezzo con una sterzata brutale vs sinistra a quel punto è servito solo a far passare il muso a pochi centimetri dal muretto che delimitava la parte dx della carreggiata ……pochi istanti dopo l’effetto pendolo portava il posteriore a schiantarsi con un rumore terribile contro il muretto ….. la ruota posteriore destra con annesso semiasse ed ammortizzatori rimaneva incastrata sulle semilunette che ornavano quel maledetto manufatto ( il muretto ) – l’auto ormai a tre ruote concludeva la sua corsa all’altezza del tornante – una curva praticamente perfetta ma purtroppo una ruota in meno ed un ritiro in più - la mia piccola Alpine ormai ridotta a triciclo, giaceva inerme in un mare d’olio che fuoriusciva dalla scatola del cambio devastata dallo strappo del semiasse – una vera tristezza ed un’ulteriore delusione di cui non avevo assolutamente bisogno -
Dato che le disgrazie non arrivano mai da sole nel frattempo mi era arrivata la chiamata alle armi per il mese di giugno e dato questo piccolo inghippo mi precludeva l’apprendistato che avevo appena iniziato non mi restava altro che dedicare ai rally i pochi mesi che mancavano alla mia partenza per la “naja” – Forlì, Verona, Siena, Modena, Venezia e 4 Regioni, un rapido susseguirsi di gare e di altrettante cocenti delusioni - la partenza per il militare interruppe forzatamente e fortunatamente quel brutto periodo e devo essere sincero nel dire che la mia “Alpine” mi era diventata un pochino “indigesta” - il pensiero di chiudere quel connubio e di liberarmene stava sempre più maturando in me – i mesi Giugno a Novembre passarono in fretta ed essendo stato trasferito a Padova ed avendo moltissimo tempo libero a disposizione potevo pensare nuovamente ai rally e ricominciare ad allenarmi ( la cronaca dei miei allenamenti è rilevabile in un altro “post”) Con conoscenze adeguate ero riuscito a trovare il modo di poter ricominciare a gareggiare anche se ero ancora soldato ( lo sarei stato sino al mese di settembre 73 e da questa situazione derivano le mie partecipazioni alle gare con lo pseudonimo “Uccari”) e dato che la prima gara in calendario era l’ormai famigerato “Mario della Favera “ volevo in qualche modo prendermi una rivincita su quanto era accaduto l’anno precedente – anche nel 73 la situazione delle strade innevate era simile a quella della precedente edizione ma fortunatamente il consueto CO Valstagna – Enego non era innevato – un problema in meno visto che alla “cabala” non ho mai creduto ma ……….. meglio così – tutto era pronto per riprendere la carriera agonistica e l’auto poteva disporre di nuove protezioni curate in modo certosino dalla famosa officina “Ceccato “ di Schio – qui non sarebbero servite ma … forse in un futuro si – ed era proprio il futuro l’unico problema – nei lunghi giri faati in solitario durante l’inverno era maturata in me la decisione che il Della Favera” sarebbe stato l’ultimo tentativo utile per rimanere nel mondo dei Rally - se non avessi conseguito un risultato pari ai miei sforzi avrei venduto la mia Alpine al caro amico Beppe Zanchetti ( l’ex navigatore di Smania in Fiat ) che nel frattempo aveva maturato il desiderio di acquistarla – Ancor oggi ricordo lo stato d’animo che quel piazzamento (39° assoluto) mi provocò e poco importava se quella ennesima cattiva prestazione fosse stata favorita dalla rottura del cambio ( la 2^ mi ha abbandonato subito dopo la conclusione della prima PS ) – era ormai giunto il momento di chiudere il rapporto con quella vettura e con il mondo delle corse, troppe delusioni pesavano sulla mia decisione e ritenevo che fosse giunto il momento di appendere il “casco” al chiodo - non mi restava altro che riparare i danni del cambio e consegnare la vettura all’amico Beppi ma …….. ma come in tutte le storie che si rispettano anche in questa, il finale resta sempre da riscrivere e ……… e gli ingranaggi non erano disponibili in Italia e bisognava attendere che li inviassero dalla Francia – tempo previsto per la consegna 30 giorni – troppi per un impaziente Beppi ( che nel frattempo ne aveva già individuata un’altra Alpine , per la precisione quella che poi acquistò e che poi rivendette a Magimail ) che voleva subito la mia vettura e che mi concedeva solamente dieci giorni di tempo per consegnargliela o … “ciccia” - che fare allora ? la Giada Auto, a suo tempo contattata per ricercare un cambio normale , mi aveva comunicato aveva in casa solo un cambio ravvicinato ed allora per impedire che Beppi migrasse verso altri lidi, dovetti propendere per questa unica e più costosa soluzione - dopo una settimana l’auto era riparata e non mi restava altro che andarla a prendere dal meccanico e consegnarla al suo nuovo proprietario – di un lungo e travagliato rapporto non restavano ormai da spendere che i pochi ed inutili km che separavano l’officina dei “Giorato ( i miei preparatori)“ da “Casa Zanchetti” ma ……… ma quei pochi inutili Km nascondevano una del tutto inaspettata rivelazione – la mia piccola “Alpine” con quei nuovi rapporti sembrava un’altra vettura – i giri del motore salivano con una velocità incredibile ed una marcia chiamava l’altra con una tale rapidità che mi lasciarono veramente di sale – tornai dai “Giorato”, che avevo appena salutato, per chiedere cosa avessero fatto al motore – “gnente” ( nulla, in italiano ) fu la lapidaria risposta – tutto dipendeva dal cambio ( mai avuto uno di quel tipo a disposizione anche sulle altre mie vetture e quindi …. ero veramente un ignorante in materia ) – avevo in mano un qualcosa che mentalmente avevo sempre desiderato – finalmente la mia piccola Alpine sembrava veramente un’auto da “corsa” – ero felice ma la mia era solo un’impressione o quelle sensazioni corrispondevano veramente alla realtà ? - l’unico modo per capirlo era quello di ritornare ad un confronto diretto che solo una gara “vera” può dare - telefonai a “zanchetti” e gli dissi che avrebbe dovuto pazientare almeno fino a dopo a dopo il Rally di Cesena. Ero impaziente ed i pochi giorni che mi separavano dal rally non sembravano finire mai, ma avevo comunque anche il terrore di fare l’ennesima brutta figura – a Cesena arrivai 9° assoluto ( vi assicuro che in quegli anni arrivare nei primi 10 non era una cosa tanto facile )
- quello che mi aveva dato maggior soddisfazione era il fatto che finalmente avevo fatto pace, oltre che con la mia piccola “bestia”, anche con le amate discese – finalmente era possibile andare giù a “palla” e anche se non era possibile frenare ( come già detto in precedenza ) finalmente con il nuovo cambio potevo mettere “di traverso” l’auto per ottenere lo stesso risultato – finalmente anche i “pendoli” erano tornati ad essere gli “amici” che avevo già conosciuto con il “Gordini” e non i goffi tentativi che fino ad allora ero riuscito a mettere in atto con la mia “Alpine” – nelle gare successive Forlì e Siena due 10° assoluti confermarono le mie aspettative e anche se nel prosieguo della stagione riuscìì ad arrivare solo 14° assoluto al “Due Valli” ( per un ritardo pagato al CO per cambiare un assetto completamente sbagliato ) ed un 18° al Prealpi Venete ( per aver praticamente corso da solo in quanto il mio navigatore aveva “dato l’anima a Dio” già nella prima PS ) non mi sentivo più un “paracarro” – Le delusioni dei ritiri in altre gare ( tra cui il San Martino e l’Alpe della Luna ) erano state comunque compensate da qualche bel tempo nelle PS e quello che più mi faceva piacere era il fatto che finalmente riuscivo a mettere a frutto tutto quello che avevo per tanto tempo provato ma che mai aveva avuto il conforto di qualche prestazione di rilievo – certo la mia “macchinetta” era ormai da tempo “alla frutta”, perché il motore era quello che era ( un gruppo 3 bilanciato, con lo scarico libero e 80.000 Km sulle spalle ) e l’assetto con dei Koni fatti praticamente in casa non era sicuramente il massimo ma quel “cambio ravvicinato” era stato veramente la grande svolta del mio rapporto con quella piccola e pestilenziale vettura – rimanevano sempre i problemi legati ad una struttura telaistica molto delicata ed adatta solo ad un uso su fondi asfaltati ( almeno nella mia auto che era strettamente di serie ) ma questo era il “dazio” che si doveva pagare e che si doveva accettare di “buon grado” ( eufemismo ) per avere un’Alpine – ritornando a noi ed alla nostra lunga ( e noiosa ) storia l’ultima gara che ho potuto disputare con la mia vetturetta è stato il “Campagnolo “ del 1973, alla sua prima edizione – purtroppo quest’ultima esperienza corsaiola è durata solo pochi Km della 1^ PS in quanto il caro ed amato “cambio ravvicinato “ montato dopo il “Della Favera” ha dato i “denti” a Dio ed ha concluso il suo onorato servizio – il suo sostituto purtroppo è arrivato in ritardo e non mi ha permesso di partecipare al “333” ultima gara a cui mi ero iscritto con la vettura francese – Dopo un lungo inverno condito di tante centinaia di Km per andare a sciare ( usavo la mia Alpine anche come auto di tutti i giorni ) l’ho salutata l’ultima volta nel piovoso pomeriggio del 6 Marzo del 1974 quando l’ho lasciata, dopo un lungo viaggio, nel cortile dell’officina di Silvio Terrosi a Sarteano con l’intenzione di rivederci dopo che fosse diventata un vero “Gruppo 4” - purtroppo il destino ha voluto che un incidente sciistico mi tenesse immobilizzato per quasi 6 mesi e che in quel periodo cambio un po’ tutto sia a livello personale che nel mondo delle corse – ho ceduto la mia cara Alpine al buon Terrosi e di lei non ho saputo più nulla .
Qui termina questo lungo, noioso e sconclusionato racconto in cui ho cercato di rivivere il lungo e tormentato rapporto che mi ha legato alla mia “cara” Alpine – di racconti simili se ne potrebbero scrivere a centinaia dato che a quel tempo il rapporto che legava tanti anonimi rallisti alle proprie vetture era molto simile a quello che ho vissuto io – Purtroppo non credo di essere riuscito con le parole a rendere in modo completo quello che la mia mente avrebbe voluto dire ma questo è il massimo che ho saputo fare e Vi chiedo umilmente scusa – un caro saluto – Ugo Rettore
Edited by sisteron - 1/5/2020, 21:44